24 marzo 2008

Bordon (Confindustria): è difficile crescere in Valle d'Aosta

Questa settimana per il mio Viaggio fra chi fa impresa in Valle d’Aosta mi sono rivolto ad un osservatore privilegiato, Giuseppe Bordon, presidente di Confindustria Valle d’Aosta. Vi propongo in versione più estesa (suddivisa in due puntate, tra oggi e domani) la chiacchierata che ho fatto con Bordon sul Corriere della Valle d’Aosta di giovedì 20 marzo.

Si dice spesso che le aziende valdostane sono troppo piccole. Che devono aggregarsi. Può indicarmi alcuni strumenti che, secondo lei, sono utili alla spinta all’aggregazione?
Il discorso sull’aggregazione ormai è diventato vecchio. Lo sento ripetersi da almeno cinque anni. Credo che vada letto in maniera diversa, cioè con la consapevolezza che le aziende nella loro vita sono condizionate a crescere. Ben difficilmente un’azienda industriale può immaginare di nascere e vivere tutta la vita sempre con la medesima taglia e dimensione. La spinta all’aggregazione è semplicemente questo: capire che le aziende per rimanere competitive devono continuamente modificarsi. Ora questo in un territorio come il nostro - con dati demografici, geografici sociologici molto stabili nel tempo - è una difficoltà. Come fai ad espanderti con una popolazione che non cresce, con un territorio che spazio per l’attività industriale te ne offre poco o in un territorio dove la popolazione è abituata a ricercare lavoro nella pubblica amministrazione o comunque in settori protetti...

Si spieghi meglio…
Niente di più semplice. L’ultima riprova di quello che dico è il caso della Cogne che cerca giovani laureati in materie scientifiche in Valle e non ne trova perché qui chi studia lo fa già con l’idea di andare a fare l’impiegato pubblico o comunque il libero professionista nel campo dei servizi alla pubblica amministrazione. In un territorio che ha questi limiti - dove anche le attività turistiche, che potrebbero essere la struttura portante della nostra regione, difficilmente assumono carattere industriale, ma rimangono spesso a livello artigianale, magari di altissimo livello ma pur sempre artigianale – diventa difficile reperire il personale adeguato

Una situazione senza uscita?
Continuiamo a parlare di tessuto industriale debole, di crisi, di difficoltà perché il sogno che avevamo negli anni ’90 di rimpiazzare il moloch siderurgico con alcune imprese di medie dimensione direi che non è riuscito. Il transplant dall’esterno in Valle d’Aosta, favorito in modo innaturale dalla messa a disposizione di aree industriali a titolo gratuito, si è rivelato inefficace dal punto di vista del radicamento della cultura industriale della nostra Valle. Alcune aziende così come sono venute se ne sono anche andate. Se si fa un bilancio complessivo non è stata un’operazione positiva, a parte alcune rare eccezioni. L’unica soluzione - se riteniamo ancora che sia necessario avere un’industria di medie dimensioni in Valle – è che le piccole aziende inizino ad aggregarsi e a fare massa critica comune. Questo può passare attraverso acquisizioni, con la messa in comune di attività, attraverso la creazione di consorzi. E’ una soluzione anche quella di trattare la cessione ad una azienda più grande, esterna alla Valle, che faccia da leader, a patto che mantenga la produzione in Valle. Come hanno fatto la Mussino o la Musumeci. Io vorrei vedere aziende valdostane che fanno produzioni simili aggregarsi in modo da dare al loro business una dimensione maggiore.

Altri esempi…
L’impiantistica. Ultimamente un’azienda di questo settore ne ha acquisita un’altra. Bisogna cercare di unirsi per avere minori costi generali, migliore visibilità sul territorio, più opportunità e forze lavoro disponibili ad attivarsi secondo le necessità del mercato. Se io produco rondelle e all’improvviso non sono più richieste sul mercato, se sono consorziato con un’azienda che produce piastrine, ecco che più facilmente, se il mercato invece della piastrina tira, io posso rientrare in azione producendo piastrine. Si tratta anche di mettersi insieme per riuscire ad avere accesso a servizi migliori. Dal più banale collegamento della rete informatica, ad un buon servizio di consulenza del lavoro, fiscale-finanziaria. Ad avere un accesso al credito che non consista nella semplice conoscenza dello sportellista dell’istituto bancario più vicino allo stabilimento industriale. Se poi si pensa anche ai servizi legati alla tutela dell’ambiente, alla sicurezza, è chiaro che il piccolo imprenditore da solo ha un accesso alle informazioni sui servizi che è ridottissimo rispetto ad un’azienda di medie dimensioni. Il piccolo imprenditore deve andarsele a cercare le informazioni, l’azienda media le riceve. Se riesci a spalmare i servizi su una base produttiva più ampia puoi anche investire in servizi. Faccio un esempio molto semplice: quando consigliamo ad un nostro associato una cosa banalissima come il dotarsi di un sistema di qualità o di una certificazione ambientale ci rendiamo conto che, pur ritenendole necessarie, alcuni nostri iscritti non hanno la disponibilità materiale di risorse, sia umane che finanziarie, per accedere a questi servizi. E’ chiaro però che se si prende un consulente al quale viene offerto di occuparsi di tre-quattro aziende simili il potere di acquisto di questo piccolo gruppo è superiore a quello di un’aziendina che fa il suo intervento a spot. Il problema poi non è soltanto l’investimento iniziale, ma la manutenzione, la conservazione e il miglioramento nel corso degli anni. (continua)

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