27 settembre 2008

Morandini (Confindustria):per le PMI italiane la necessità di aggregarsi è una variabile non più negoziabile

Ho potuto partecipare al seminario «Aggregazioni tra Imprese per accelerare lo sviluppo» che si è svolto ieri pomeriggio, venerdì 26 settembre, presso la Sala Archi Candidi del Forte di Bard, organizzato dal Comitato Piccola Industria di Confindustria Valle d’Aosta, presieduto da Paolo Musumeci, in collaborazione con il Comitato Piccola Industria di Confindustria Canavese, guidato da Paolo Ianni. Al di là dei contenuti di cui potrete leggere un servizio, spero esauriente, sul Corriere della Valle d'Aosta della prossima settimana, e i testi di alcuni interventi, che sto pensando di proporre in versione integrale o quasi, sul mio blog, prima dell'inizio dei lavori ho potuto fare una mini-intervista a Giuseppe Morandini, presidente nazionale Piccola Industria Confindustria e vice della Presidente Emma Marcegaglia, che voglio proporre ai visitatori del mio blog. Qui trovate una slideshow di alcuni momenti del pomeriggio.

Presidente quale messaggio vuole lanciare agli imprenditori valdostani e canavesani riuniti oggi a Bard?
Ci sono due punti fissi che devono valere come delle affermazioni culturali per una piccola impresa che vuole guardare con decisione al futuro. Il primo punto deve essere netto, senza compromessi o tentennamenti, cioè la giusta dimensione. Non parliamo di dimensioni assolute, piccola o grande, ma della giusta dimensione rispetto al proprio settore. E' un concetto che ormai deve essere una variabile non negoziabile. Se noi vogliamo parlare del futuro della piccola impresa dobbiamo essere aperti, stimolati e convinti dell'importanza dell'obiettivo del raggiungimento della giusta dimensione per le nostre aziende. Questo perchè - ed è la seconda osservazione,il secondo punto - ci sono tutta una serie di fattori esterni alle nostre aziende che ci dicono che dobbiamo andare in quella direzione. Il Presidente Ianni ha fatto un riferimento corretto, ad esempio, all'applicazione dei parametri di Basilea 2. Ma non solo. Abbiamo anche chiari segnali dei problemi derivanti dalla corretta applicazione del decreto sulla sicurezza, composto di una parte burocratica che ha un peso e un costo di grandissimo impatto quanto è più piccola la dimensione dell'azienda che lo deve applicare. Sono tutte variabili esterne che incidono su quelli che devono essere le decisioni aziendali. Senza poi dimenticare il momento congiunturale caratterizzato da una crisi strutturata in un modo che, secondo me, non ha precedenti. E' di una complessità enorme perchè deriva dal combinarsi di più fattori negativi come mai prima si era vistao crisi finanziaria, crisi energetica con costi insostenibili e variazioni dei prezzi delle materie prime con rialzi del 30% in una settimana. Tutto questo ci spinge ad avere una dimensione adeguata per affrontare tutti questi stimoli. Consideri - e qui mi riaggancio anche al rapporto nuovo che spero si possa instaurare a breve con il mondo del credito - come sia evidente che gestire sbalzi di questo tipo significa dover avere un approvigionamento al credito elastico e basato su una valutazione strategica dell'attività dell'impresa e non solamente sui numeri e sugli indici del bilancio. Quello che noi chiederemo al sistema creditizio è la possibilità di essere valutati nell'attribuzione dei nostri affidamenti con dei parametri pesantemente qualitativi che tengano presente l'organizzazione dell'azienda, la professionalità dei nostri uomini, la nostra posizione sui mercati internazionali e, soprattutto, i progetti di crescita che quelle piccole imprese hanno. E qui c'è il forte aggancio al tema di oggi.

Un secondo tema importante credo che sia quello del sistema-paese. Pensando alle piccole imprese, in particolare, mi viene in mente la problematica, ribadita più volte da Confindustria, della semplificazione.
Ha perfettamente ragione. La prima aspettativa della piccola impresa è quella di vedere una concreta risposta del sistema paese. E le spiego perchè. La piccola impresa è in piena fase di riorganizzazione. Le piccole imprese di oggi non sono più quelle di qualche anno fa. Si sono completamente ristrutturate, riorganizzate, hanno rivisto le linee produttive, le linee commerciali, sono sbarcate sui mercati internazionali. Tutto questo passaggio è stato fatto chiudendo gli occhi e facendo grandi sacrifici sulla marginalità delle aziende. I mercati internazionali li abbiamo conquistati - tutti celebrano i dati dell'export italiano -, ma li abbiamo conquistati facendo sacrifici sui margini nostri, puntando sulla genialità dei nostri collaboratori e dell'imprenditore che si inventa ogni giorno un prodotto nuovo pur di rimanere sul mercato. Ora le variabili esterne a quella che è l'attività imprenditoriali si sono modificate secondo lo scenario di cui ho detto prima. La singola impresa, per quanto brava e riorganizzata sia, non è nelle però più nelle condizioni di poter affrontare quei parametri ai quali deve rispondere necessariamente d un sistema paese attrezzato. Argomenti come materie prime, andamenti dei cambi, costi della logistica implicano scelte che non possono essere fatte all'interno dell'azienda. La prima risposta che vorremmo veder data come sistema paese consiste in misure fiscali per migliorare la capitalizzazione e la gestione della liquidità delle nostre imprese. Sono misure che non costano ed è sufficiente la volontà politica di farle per riuscire a dare ai piccoli imprenditori quell'aiuto che chiedono su tutto il territorio.

Un'ultima domanda: l'attività di coordinamento per l'estero...
La ringrazio per questa domanda perchè mi dà la possibilità di richiamare il Forum annuale della Piccola industria che si terrà quest'anno il 24 e il 25 ottobre a Bologna e che ha come tema di riferimento l'internazionalizzazione della piccola impresa. L'argomento sarà interpretato nell'ottica di un confronto operativo sulle necessità che la piccola impresa ha quando va all'estero con le istituzioni che normalmente l aaiutano nel presentarsi su questi mercati. E' per noi un passaggio fondamentale. La necessità di internazionalizzarsi della piccola impresa è infatti una grandissima spinta, di fatto, all'aggregazione e lungo questa strada le piccole imprese devono essere sostenute da parte delle strutture esistenti tenendo conto della dimensione che noi rappresentiamo. E' un passaggio fondamentale perché le aziende che vivono di mercato interno in questo momento sentono maggiormente aumentare le difficoltà. Un mercato che io definisco il "caro estinto" poiché non è più in grado di dare quei volumi necessari al nostro sostentamento. Del resto i settori che vanno bene sono quelli che, organizzandosi, sono riusciti a recuperare all'estero ciò che il "caro estinto" non può dare più.

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