23 dicembre 2008

Piero Enrietti (Thermoplay) ha ricevuto il premio «ImpresaVda»

Questo pomeriggio (approfittando dei purtroppo pochi giorni di vacanza quest'anno concessimi dall'attività frenetica del Corriere della Valle) ho incontrato Piero Enrietti per la consegna del premio di miglior imprenditore valdostano. Il famoso «ImpresaVda»: lo stambecco giocattolo di cui ho già scritto. Sono particolarmente contento che ad aggiudicarselo sia stato Piero Enrietti, presidente della Thermoplay di Pont-Saint-Martin. Sia chiaro, tutti i nominativi erano validi ma il fatto che il primo nome in questo - spero lungo - albo d'oro sia quello dell'imprenditore della Bassa Valle mi piace per svariati motivi che provo ad elencare. Prima di tutto perchè la Thermoplay è un esempio pregevole e esemplare di cosa siano capaci di fare le Pmi italiane, tanto bistrattate nel recente passato. L'azienda poi ha una dimensione internazionale e investe con costanza e lungimiranza nel settore della ricerca e sviluppo, ponendo la qualità come fondamento di tutto. Enrietti inoltre è un imprenditore che quando parla dei suoi dipendenti usa il termine «maestranze» e lo fa con un orgoglio inusitato, con quel pizzico di paternalismo che fa sì che lui di fronte non abbia numeri ma persone. Sicuramente conosce tutti i suoi dipendenti per nome e si ricorda perfino il giorno della loro assunzione. Ma allo stesso tempo Enrietti è un uomo del futuro, un inventore, uno che sa di dover sempre stare un passo avanti, e così la Thermoplay sforna brevetti con i quali si faranno i prodotti di domani. Un uomo che sa anche resistere alle sirene dei colossi del settore interessati ad acquisire il know how del piccolo gioiello ai piedi delle Alpi perchè - come ci racconta - i figli sono giovani e possono ancora lavorare a lungo. E Enrietti ha il cuore a Pont-Saint-Martin, dove ha il suo tetto imprenditoriale, ma allo stesso tempo quando lo incontri - come è capitato a me oggi - ti racconta di Cina, di India. Ti spiega che la Cina non fa più paura. Che lì non fanno qualità. Che i dipendenti non appena diventano un po' specializzati si offrono al miglior offerente - perchè lì, sempre lì, non c'è l'attaccamento all'azienda - e alla fine un operaio specializzato cinese, di multinazionale in multinazionale, finisce per guadagnare di più di un italiano senza però costruire davvero qualcosa. E poi c'è il sogno indiano che oggi è un incubo perchè chi si sta occupando di far mettere radici all'azienda valdostana in quelle terre lontane si è ritrovato barricato in uno di quei due famosi alberghi di cui tanto si è scritto, temendo, in quanto occidentale, per la sua vita. E ora attende che le aqcue si calmino. Ecco, per tutti questi motivi, sono contento che Enrietti sia stato il primo vincitore di questo concorso. E anche perchè - incredibile a scriversi dopo tutto quello che avete letto - il buon Enrietti è la prima volta che viene premiato per tutto quello che ha saputo fare in questi anni. Ne sono certo, il mio stambecco non poteva trovare habitat imprenditoriale migliore di questo. Ora vedremo il suo fratello del 2009 in quali luoghi finirà. Mi raccomando mandatemi le vostre segnalazioni. C'è tempo fino a marzo. Nel frattempo i miei complimenti (e anche il mio grazie) a Piero Enrietti.

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