12 febbraio 2009

Lettera da Londra: incominciamo dalla fine (seconda parte)

Seconda parte della prima puntata della rubrica Lettera da Londra di Gilles Quey, pubblicata sul Corriere della Valle del 5 febbraio. Per la prima cliccate qui.

Non penso sia difficile capire come si fosse innestato un sistema di tipo piramidale basato su disponibilità finanziaria creata a sua volta da disponibilità finanziaria; sono sempre stato convinto che il prezzo di un bene non sia il suo vero valore, ma semplicemente quanto una persona sia disposta a pagarlo e penso che la disponibilità sia stato ciò che maggiormente ha influenzato i valori di scambio.
Immagino a questo punto venga spontanea una domanda: «Ma chi ha finanziato tutto questo? Chi ha prestato questi soldi?».
Io direi tre soggetti in particolare
I) Gli istituti finanziari inizialmente
II) La crescita economica
III) Le economie dei paesi emergenti ed in particolare quella cinese.
Mi soffermerò qui solo sui punti (II) e (III).
La crescita economica (crescita del PIL) è pari alla variazione annua di tutti i beni venduti. Più è elevata più un paese, inteso come sistema, aumenta la propria disponibilità finanziaria e di conseguenza la massa monetaria e la ricchezza dei singoli.

Torniamo negli Stati Uniti: l'amministrazione Bush ha intrapreso una politica di riduzione della pressione fiscale (tipica dei governi repubblicani ma generalmente più contenuta) unitamente ad una spesa pubblica elevata (in particolare relativa a spese militari). Il finanziamento di tale aumento della spesa pubblica se congiunta a tagli del gettito fiscale non può che venire dal debito pubblico drasticamente esploso durante gli ultimi dieci anni di amministrazione. Ci si dovrebbe chiedere chi abbia sottoscritto tali emissioni di debito. In altre parole, chi ha finanziato la crescita a stelle e strisce? Ovviamente ci sono molti investitori nonostante i rendimenti molto contenuti e una valuta sotto pressione, ma una su tutti è stata la sottoscrittrice delle emissioni americane: la Cina (più in generale tutte le economie asiatiche).
Il motivo sottostante a tale scelta di investimento è semplice, comprare dollari per evitare una rivalutazione della valuta locale in maniera tale da mantenere un export molto competitivo.
Lo scenario è dunque in maniera semplicistica sintetizzabile come segue:
a) La Cina mantiene alto il tasso di incremento della produzione
b) con il ricavato finanzia la crescita americana e di converso gli acquisti verso se stessa
c) l'America cresce e spende in via sempre maggiore entrando nella spirale di arricchimento
da disponibilità
d) La Cina acquista titoli di Stato americano e valuta, poi si torna al punto a).
Alla fine di questo processo sorge spontanea la domanda: ma a chi appartengono gli Stati Uniti? Quale è il potere Cinese nei confronti dello Stato Americano? Quale è il grado di dipendenza di un paese verso l'altro? Ci troviamo di fronte ad uno scenario globale decisamente evoluto in cui per anni si sono perseguiti obiettivi di corto periodo e respiro favorendo una crescita incontrollata con buona pace di tutti, e non solo dei banchieri, convinti che questo meccanismo non si sarebbe mai inceppato. Tutti ci siamo sentiti giorno per giorno più ricchi dimenticando di stare viaggiando su un'auto lanciata a forte velocità contro un muro chiamato realtà.
L'economia ed i mercati hanno delle regole e sono un sistema artificiale. E' sbagliato rifiutarne i limiti e non è facile per nessuno fare delle scelte impopolari o portare risultati inferiori a quelli
dei propri concorrenti in un mercato come quello di oggi, o meglio, quello di un anno fa' in cui tutti abbiamo risposto ad un solo assioma.... parafrasando una vecchia canzone.... finché il mercato va lascialo andare.

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