25 giugno 2009

L'Institut Agricole Régional e la banca del germoplasma viticolo valdostano

Odoardo Zecca, responsabile del settore viticoltura dell’Institut Agricole Régional mi ha fatto pervenire una piccola relazione su uno degli ultimi lavori di ricerca svolti. Ho utilizzato questo testo per un articolo sul Corriere della Valle, in versione ovviamente non integrale. Visto che so di avere alcuni lettori particolarmente raffinati rispetto all’argomento non mi dispiace ospitarlo pur nella evidente complessità dell’argomento.

Il progetto: la banca del germoplasma viticolo valdostano
L'Institut Agricole Régional è sempre stato particolarmente attivo nell'attività di valorizzazione dei vitigni autoctoni valdostani. I primi lavori, svolti in collaborazione con l'Università di Torino e l'Assessorato all'Agricoltura regionale, sono iniziati nel lontano 1970 ed hanno portato alla omologazione di cloni di Petit rouge e di Nebbiolo Picotendro; si sono poi regolarmente succeduti nuovi progetti di selezione massale o donale (su Fumin, Cornalin, Mayolet, Prié rouge, Prié blanc, Vuillermin, Bonda) e di caratterizzazione viticola ed enologica. Il 2008 ha visto l'avvio di un nuovo progetto: l'ampliamento dell'attuale collezione ampelografica volto alla costituzione di una 'banca' del germoplasma viticolo valdostano, in grado di assicurare la conservazione di tutto ciò che resta del patrimonio genetico dei vitigni ritenuti 'autoctoni' così come dei vitigni che, pur provenendo da altre regioni, sono coltivati in Valle d'Aosta da secoli, quali il Moscato bianco, il Nebbiolo, il Pinot grigio.

Considerata la rapidità con cui i vecchi vigneti vengono rimpiazzati da nuovi impianti (o semplicemente abbandonati), si è reputata prioritaria la raccolta e conservazione del germoplasma ancora presente, indipendentemente dal valore viticolo-enologico delle singole piante, rispetto alla selezione dei soli individui giudicati particolarmente interessanti dal punto di vista strettamente produttivo. Il criterio di selezione adottato per l'inclusione nella collezione è dunque, innanzitutto, il valore di rappresentatività della diversità genetica esistente: oltre alle accessioni potenzialmente interessanti per la viticoltura valdostana, la collezione comprende anche individui rappresentativi dei vitigni tradizionali di limitato interesse produttivo nonché individui di scarsa qualità benché appartenenti a vitigni tradizionali di pregio, purché rappresentativi della diversità genetica intravarietale.

Il progetto si avvale della collaborazione di due istituzioni di primo piano nel panorama della ricerca ampelografica italiana: l'Istituto di Virologia Vegetale del CNR di Torino, in particolare il gruppo di ricerca coordinato dalla Dott.ssa Anna Schneider, che vanta un'esperienza pluridecennale in Valle d'Aosta, dove ha spesso collaborato con l'Institut Agricole Régional in progetti di caratterizzazione e valorizzazione di vitigni tradizionali, e la Fondazione Mach di San Michele all'Adige, in particolare il laboratorio di genetica molecolare applicata coordinato dalla Dott.ssa Stella Grando. Risulta fondamentale l'apporto dell'Assessorato all'Agricoltura e Risorse Naturali della Regione Autonoma Valle d'Aosta. Il servizio di Assistenza Tecnica partecipa all'attività di ricerca di piante-madri potenzialmente interessanti; il Laboratorio Fitosanitario garantisce la verifica puntuale dello stato virologico delle accessioni selezionate. Infine, non si deve dimenticare il significativo contributo prestato dai viticoltori sia con l'individuazione di biotipi potenzialmente interessanti, che fornendo informazioni utili quali sinonimie, modalità di coltivazione, aree di diffusione, ecc.

Primi risultati: il Gouais blanc e la Puppa de feya
Attualmente la collezione ampelografica raccoglie 21 diversi vitigni ed è costituita da 302 accessioni, in parte frutto dei precedenti lavori di selezione, in parte selezionati nel corso di questo progetto. Il 46% delle accessioni è già impiantato nei vigneti dello IAR, il rimanente si trova in moltiplicazione presso un vivaista professionista. L'identità varietale delle nuove accessioni è confermata con certezza mediante l'analisi del DNA ed il confronto con database pubblici e privati di oltre 1500 vitigni. Grazie all'uso di queste tecniche, è stata rilevata la presenza, con il sinonimo di "Theilly" o "Tilly" (lo vedete nella foto più in alto), di un vitigno estremamente diffuso in epoca medievale in tutta l'Europa centrale, di cui non era mai stata attestata la presenza in Valle d'Aosta: il Gouais blanc. Recenti indagini filogenetiche hanno rivelato il ruolo chiave giocato dal Gouais nella nascita di molti vitigni di pregio, come lo Chardonnay, il Gamay, l'Aligoté, l'Auxerrois, il Colombard, il Furmint.

In qualche caso, l'analisi del DNA non ha consentito, ad oggi, l'identificazione con un vitigno noto. È questo il caso di una pianta, definita dal proprietario «Puppa de feya» (vedete l'immagine appena qui sopra), che risulta geneticamente differente rispetto a tutti i vitigni con cui è stata confrontata finora ma che mostra una somiglianza impressionante con il vitigno omonimo descritto minuziosamente in un documento redatto nella seconda metà del XIX secolo. L'area di coltivazione dell'antico vitigno coincide con la zona in cui è avvenuto il ritrovamento. La corrispondenza di nome, luogo di coltivazione e caratteri ampelografici, rendono plausibile l'effettiva appartenenza della pianta ritrovata al vitigno di cui si erano ormai perse le tracce. Pur non presentando nessun interesse pratico (poiché purtroppo, in questo caso, si tratta di un vitigno di scarsa qualità dal punto di vista enologico), questa nuova identificazione lascia ben sperare circa le possibilità di nuove "scoperte" che vadano ad ampliare il quadro della diversità genetica intervarietale come di quella intravarietale. Nel prossimo futuro verranno ulteriormente approfondite le eventuali relazioni filogenetiche della 'Puppa de Feya' con l'insieme dei vitigni valdostani.

Se volete leggere altri post sull'attività dell'Institut cliccate qui.

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