25 luglio 2009

ImpresaVda sale in cattedra: il caso Les Crêtes (2)

Prosegue la pubblicazione delle tesine universitarie degli studenti del professor Carmine Garzia. Ieri avete potuto leggere la prima puntata di questo scritto di Manuela Frasson. Ce ne saranno altre tre.

IL COMPARTO PRODUTTIVO

I vigneti (nella foto Costantino Charrère) si caratterizzano per la frammentazione in diversi comuni valdostani, per la precisione 6 (per consuetudine ereditaria il vigneto è sempre stato frammentato nel corso delle successioni) e chiaramente questo rappresenta un limite del territorio valdostano. L'azienda è comunque riuscita ad accorpare il più possibile le superfici, ad esempio nelle collina del Coteau La Tour, che è il più "prezioso" vigneto dell’azienda, si è riusciti a mettere insieme 1 ha e mezzo, cosa non da poco per la realtà locale.

Si tratta di sacrifici non solo economici, ma anche di energie e di tempo, in quanto si è trattato spesso di andare a parlare in dialetto con l'ultimo erede della famiglia, magari emigrato fuori dalle e convincerlo che sarebbe stata una cosa buona vendere in quanto l'intenzione era quella di valorizzare il territorio valdostano, questo perché l'attaccamento del valdostano al territorio è molto radicato.

Per quanto riguarda la fascia altimetrica i vitigni rientrano nella categoria dei territori di montagna in quanto arrivano sino agli 850 m s.l.m., questo significa elevate altitudini e clima alpino con conseguenti influenze sulla qualità sia del vino che dell'uva.

Con riferimento alla dislocazione del comparto produttivo è opportuno sottolineare che la Valle d'Aosta è tagliata, lungo un asse ovest-est, dalla Dora Baltea e questo determina la suddivisione in due versanti:

1) Envers, esposizione a nord, quindi con un minore irraggiamento solare che comporta un'uva con maturazione lenta e dotata di maggiore acidità;

2) Adret, dove avremo un'uva con maturazione più rapida e qualitativamente più concentrata;

lo sviluppo della viticoltura varia a seconda delle zone, Aymavilles costituisce il comparto aziendale più esteso e si sviluppa sul versante envers.

Questa suddivisione rappresenta anche un punto di forza della produzione dell'azienda, in quanto mettendo insieme vigneti provenienti da diversi versanti si riesce a creare un equilibrio a livello produttivo.

Ulteriore peculiarità dell’areale produttivo è la dislocazione in una zona geografica fortemente caratterizzata dalla montagna: terreni morenici sabbiosi e sciolti, giaciture in forte pendenza, alte densità di impianto (8/10.000 piedi/ha), forte presenza di vitigni autoctoni e tipici, marcata biodiversità del territorio.

Sempre per quanto riguarda il lato produttivo, a livello di tipologie l'azienda si colloca sul mercato con equilibrio tra vitigni autoctoni e alloctoni:

- vitigni autoctoni, sono varietà tipiche, da sempre coltivate in Valle d'Aosta: Petit-Rouge, Fumin, Premetta, Mayolet, Cornalin, Petit Arvine, tutti i nomi sconosciuti fuori valle e pertanto di difficile esportazione che impongono la scelta di lavorare anche con vitigni internazionali;

- vitigni alloctoni: Chardonnay, Sirah, Pinot Noir, Moscato e Pinot Gris.

Il vitigno internazionale è utilizzato per farsi conoscere e fare da traino ai vitigni autoctoni: l'azienda è conosciuta in Italia e all'estero per lo Chardonnay, attraverso il quale cerca di destare interesse per i vitigni del territorio; è una sorta di garanzia di copertura del mercato: accontentando il consumatore che vuole il vitigno conosciuto, ma anche quello che ricerca il prodotto di nicchia.

Negli ultimi anni si nota un crescente interesse per tutto ciò che è tipico, per i prodotti del territorio, il che gioca a favore dell'azienda permettendole di lavorare molto anche con i prodotti tipici.

Per quanto riguarda l'equilibrio produttivo, come tipologia di vini l'impresa lavora sia con bianchi che con rossi, per quanto i vini rossi abbiano una piccola percentuale maggiore, in quanto presenti da sempre sul territorio valdostano.

I vini rossi, che hanno oggettivi limiti in montagna, continuano ad essere prodotti, da un lato in quanto parte integrante della tradizione locale e dall’altro poiché creano un equilibrio, infatti benché attualmente il consumatore richieda molto i vini bianchi è sempre opportuno mantenere la produzione il più varia possibile.

I vini bianchi per le caratteristiche che si hanno in Valle d'Aosta hanno un’ottima resa e sono apprezzati soprattutto per la mineralità loro conferita dal territorio (terreni sabbiosi e morenici) e per i profumi esaltati dal clima: in periodo di maturazione dell'uva si hanno forti sbalzi termici tra il giorno e la notte che conferiscono particolari aromi all'uva e conseguentemente al vino ed infatti il prodotto che ha consacrato l'azienda è un vino bianco, lo Chardonnay Cuvee Bois.

In ogni caso alla luce del fatto che al momento vengono consumati maggiormente i vini bianchi, l'azienda ha impiantato un nuovo vigneto con una Petit Arvine locale (vitigno bianco) che entrerà in produzione nei prossimi tre anni; chiaramente si tratta di una scelta produttiva che confida nell’attuale trend del mercato.

L'azienda non lavora con vini rosati, per quanto a livello nazionale siano i vini del momento, infatti (soprattutto tra champagne e spumanti) il rosé si è imposto all'attenzione di tutti ed esce con un premium price di oltre il 30% rispetto al bianco. L'unico rosè prodotto dall'azienda è costituito da un esperimento condotto con l'Institut agricole régional: una Premetta, ceppo autoctono valdostano, vinificato come spumante rosato con metodo classico con fermentazione in bottiglia, ma rappresenta una quantità irrisoria, circa 1500 bottiglie, ad ogni modo è sempre un prodotto in più offerto e che suscita curiosità proprio per la sua unicità.

Un limite delle produzioni dell'azienda è costituito dalla disponibilità il cui equilibrio con la richiesta è molto difficile da trovare, ma rappresenta un elemento imprescindibile se si vuole aprire un nuovo mercato, in quanto in assenza di questa garanzia, l'anno dopo il mercato non richiede più il prodotto. L'azienda cerca di fronteggiare questo limite effettuando ogni anno delle assegnazioni, cioè avendo la propria rete commerciale, assegna al mercato un tot di bottiglie nella consapevolezza di tutti (acquirenti compresi) che oltre tale quantitativo non c'è disponibilità, compiendo così un tentativo per garantire una stabilità minima.

Il fattore disponibilità rileva anche in relazione all’entrata nella grande distribuzione, come ad esempio Esselunga, la quale inevitabilmente fa pressione per avere una certa continuità di produzione per non andare essa stessa incontro a difficoltà in caso di rotture di stock. Il rapporto con la grande distribuzione costituisce una scelta strategica, un trade-offf: può essere vantaggiosa nel breve periodo, ma nel lungo può creare problemi. Il rapporto con Esselunga, da un lato ha proiettato di colpo l'azienda sul mercato nazionale, ma dall'altro lato rappresenta un rapporto dall’equilibrio molto delicato: ogni anno si cerca di trattare e soprattutto si è cercato di non lavorare con vini di gamma alta (Chardonnay cuvée bois), bensì con vini di gamma più bassa, senza contare che alcuni ristoranti o enoteche, vedendo lo stesso prodotto presso la grande distribuzione, non sempre sono disposti continuare ad annoverarlo nella propria offerta; ovviamente l'impresa impone un prezzo non inferiore al proprio listino prezzi ai privati, perché il consumatore non deve trovare il vino ad un prezzo inferiore rispetto a quello che può trovare in cantina.

Per quanto riguarda le tipologie di vino Doc e vino da tavola, ormai la produzione è pressoché totalmente rientrante nella prima categoria e dall'anno prossimo entreranno in produzione ulteriori due vini (attualmente annoverati nella seconda categoria), questo perché la Doc rappresenta una garanzia per il consumatore, il quale sa che c'è un controllo all'origine, che il vino viene realmente prodotto sul territorio e dunque ha garanzia di autenticità. L’opzione verso la Doc, che tra l’altro impone restrizioni, potrebbe sembrare controtendenza: lo stesso Gaja con il Barolo ne è uscito non essendogli consentito di fare il prodotto che voleva per il mercato internazionale, ma si tratta di realtà differenti e certe scelte sono possibili solo quando si è conosciuti e affermati e si ha quindi modo di vendere il proprio nome.

L'equilibrio tra bianchi e rossi e vini Doc e vini da tavola consente tra l’altro di coprire la richiesta del mercato, che naturalmente è molto varia.

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