18 febbraio 2011

Care Famiglie l'Istruzione Tecnica non è di Serie B

«Quali progetti per la valorizzazione dell'istruzione tecnica in Valle?». Il tema è stato dibattuto ieri da Confindustria Valle d'Aosta con un ospite d'onore: Alberto Barcella, presidente di Confindustria Lombardia e coinvolto nelle'sperienza del Club dei 15, cioè il network delle province più industrializzate in Italia. Sono intervenuti anche la presidente di Confindustria Valle d'Aosta Monica Pirovano, l'Assessore alle Attività Produttive Ennio Pastoret, il dirigente scolastico dell'Istituzione scolastica di istruzione tecnica industriale e professionale Verrès Silvana Chouquer, e Luca Minini, Presidente e Amministratore Delegato M.D.M. S.r.l.. A moderare Pierluigi Bertello nella splendida location della sala degustazioni del Salumificio Maison Bertolin, messo a disposizione con la consuetà cordialità da Guido e Marilena Bertolin.

Più che una cronaca ti propongo qualche pillola, quasi antologica.

Monica Pirovano
«Nel 2010, la domanda delle imprese è di circa 236mila diplomatici tecnici e professionali. A fronte invece di un'offerta pari a 125.712 giovani»


«Il dato fondamentale  è che occorre una maggior collaborazione tra impresa e mondo della scuola: gli studenti devono poter visitare le fabbriche, i professori devono confrontarsi con il mondo delle imprese e queste devono andare nelle scuola a farsi conoscere. L’industria è cambiata tantissimo in questi anni e occorre che i ragazzi, ma soprattutto i genitori lo sappiano».


Pirovano introducendo i lavori ha citato la Presidente dei Giovani Industriali Federica Guidi:





«I
l titolo tecnico conseguito alle superiori può offrire una "maggiore garanzia di lavoro" rispetto a  quello posseduto da chi ha deciso di proseguire gli studi per prendere magari una laurea umanistica. (...) Ci sono dei pezzi di carta che non servono a niente. Un buon perito e un buon disegnatore meccanico, che magari parlino bene inglese, possono avere oggi davanti a sé un percorso professionale più roseo. Io ho fatto il liceo classico e giurisprudenza: oggi sarei fuori dal mercato». E ancora «Se io fossi un giovane ingegnere, sarei terrorizzato non tanto dalla concorrenza dei colleghi laureati nelle altre università italiane, ma dai milioni di ingegneri sfornati ogni anno dall'India. Giovani educati a non avere paura di quello che non conoscono, pronti a viaggiare e, forse, culturalmente più evoluti dei nostri giovani».

Ennio Pastoret 
«Non si può pensare che faccia tutto la Scuola. L'alta specializzazione in particolare richiede una capacità di reazione che il mondo della scuola non può avere. Non si può pensare che le scuole possano tenere il passo dalle aziende che sono quotidianamente stimolate dal mercato a prendere decisioni rapide. Per questo stiamo lavorando con Vallée d'Aoste Structure alla creazione di un edificio, posizionato all'interno dell'Espace Aosta,  da dedicare alla formazione».

Alberto Barcella
«I giovani italiani tra i 15 e i 24 anni sono il 10% della popolazione itliana. Di questi il 30% non trova lavoro. Si tratta di una risorsa scarsa, per definizione preziosa, che non trova lavoro. Le imprese, invece, cercano giovani con professionalità acquisite e non li trovano. Non tutto però è responsabilità del mondo della scuola. In molti casi dipende dalle scelte delle famiglie. Esiste un problema di orientamento che è prima di tutto in capo alle famiglie». «In Italia l'orientamento non si fa. Dovrebbe essere fatto alle scuole medie, ma alla fine è in funzione dei risultati del ragazzo. Se hai 8 fai il liceo, se 6 le scuole professionali. Si tratta di una gerarchia delle scuole estremamente pervasiva nella mentalità delle famiglie che sono convinte così di fare il bene del proprio figlio».

«Spesso l'orientamento diventa marketing. Ed è sbagliato. Bisogna capire qual è la scuola più adatta al ragazzo. Con Confindustria Lombardia da due anni coordiniamo un'azione di orientamento per la scuola media superiore grazie alla quale cerchiamo di far capire che l'iscrizione ad un istituto tecnico non vuol dire rinunciare a priori a scuole di tipo terziario. Ci sono molti periti che sono diventati ingegneri. A 18 anni, quella che noi chiamiamo la scuola delle libertà, un ragazzo può ancora scegliere».

Silvana Chouquer
«Le famiglie non iscrivono i loro figli alle scuole professionali perchè hanno una visione sbagliata del lavoro che si fa nell'industria. E' un peccato perchè a sei mesi dal diploma tra i ragazzi usciti dagli istituti tecnici la disoccupazione è bassissima. In molti casi abbiamo un 50% di già occupati e un 50% all'università. Insomma i tecnici trovano lavoro, vanno all'università e riescono bene»

Luca Minini
«Dobbiamo trovare dei modi per raccontare alle famiglie che così è l'industria nel 2011. Oggi l'industria è ad altissima tecnologia. Il lavoro fisico è sostituito da macchine robotizzate. Si usa soprattutto il cervello. Dobbiamo però anche essere in grado di dire alle famiglie quanto siamo in grado di assorbire come manodopera specializzata»

1 commenti:

giancarlo borluzzi ha detto...

Terminata la scuola media, i miei genitori mi hanno spedito al liceo classico senza consultarmi, come giusto visto che non sarei stato in grado a 14 anni di afferrare le motivazioni che giustificavano tale indirizzo di studi.
La stessa prassi è stata da me seguita coi miei figli. Scandalizzando chi si è espresso in un certo modo in questa discussione, aggiungo che, studiando greco antico e la fenomenologia dello spirito, si sanno poi girare meglio le viti rispetto a chi le ha girate ogni giorno nel suo iter nella scuola tecnica.
Io la penso così e rigetto l'equazione secondo cui la scuola andrebbe vista quale avviamento al lavoro. Vale invece il vedere la scuola uguale preparazione che ti permette di affrontare ogni aspetto della vita.
Terminato così l'inside topic vado nell'off topic.
Parlando di liceo classico intendo quello normale in cui nella lingua che tutti parlano in Italia vengono insegnate le materie.
Non il cosiddetto liceo classico europeo ove è entrata la strumentalizzazione politica che fa "insegnare in francese" alcune materie.
Questo liceo ha avuto classi con meno di 14 allievi ed era quindi non in linea con le direttive, ma serviva politicamente chi farnetica sulla realtà regionale, tant'è che, quando anni fa venne in Valle il ministro dell'istruzione De Mauro, fu portato in tale liceo per mostrare il "classico europeo" come emblematico della realtà valdostana.
Aggiungo: quando andai a iscrivere il figlio maggiore al liceo classico ordinario, verso metà dell'anno 2000, una donna di mezza età, in segreteria ma non segretaria, mi criticò perchè io sarei stato un fuori del tempo non avendo iscritto il figlio al secondo lei moderno liceo classico europeo.
Avrei dovuto istruire tale cortomirante quanto ameno personaggio, ma non risposi per non compromettere il percorso dei figli; non cito la signora, saputella fuori luogo, essendo certo solo al 99% della sua identità, ma denuncio tale pietoso spaccato della scuola valdostana ove si vorrebbero indottrinare le persone a fine politico.
I miei figli conoscono la lingua che conta avendola imparata in campo non europeo ma mondiale, alla faccia della politicamente fanatica signora che si aggirava nella segreteria del liceo classico aostano nel 2000.

 

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