27 febbraio 2012

Sapienti quindi Potenti: il Discorso del Magnifico Rettore Fabrizio Casella

Il Magnifico Rettore Fabrizio Cassella
Permettimi di ospitare il testo quasi integrale discorso pronunciato questa mattina dal Magnifico Rettore prof. Fabrizio Cassella nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico. Il tema della formazione universitaria non può non essere trattato da un blog che vuole dare voce agli imprenditori. Il Testo propone numerosi spunti a mio avviso validi e su cui possiamo discutere nello spazio commenti.

L’Università è il modo di essere di una comunità che, come tale, si fonde, si ibrida profondamente con le generazioni che si susseguono: gli uomini transitano, i sapienti e i discenti circolano, le Università restano.

 Così è la storia: ricordiamo a partire dall’XI secolo gli Studia e le Scholae formatesi da accordi spontanei tra discenti e maestri (Salerno, Vicenza e Arezzo) e le aggregazioni di collegi e cattedre (Parigi, Oxford, Salamanca, Coimbra).

Esperienze che si sono - tutte – consolidate nel tardo Medioevo con il sostegno delle sempre più rigogliose vitalità comunali.

Si può dire che sia l’inizio del local-global: quando la capacità ed il coraggio di guardare oltre il presente ed il particolare diventano progetto definitivo ed in grado di qualificare una comunità.

E’ ciò che sta accadendo in Valle d’Aosta da oltre un decennio.

Comunità: si, l’Università è, al tempo stesso, una Comunità ed è la sua Comunità.

Non è un’istituzione data dall’esterno, preesistente: è la risultante di un progetto comune, integrato, complesso, senza limiti di tempo e di spazio.

E’ un’esperienza dinamica, evolutiva, fondata su una certezza: studiare insieme per crescere.

C’è una sola unità di misura per un progetto universitario: l’Umanità, tutti sempre, ieri, nel presente e nel futuro.

Ricordava il Prof. Bertolini - moderando la bella serata di venerdì scorso organizzata dai Colleghi dell’Osservatorio di St. Barthelemy nella nostra aula Sant’Anselmo per celebrare i 25 anni dalla prima osservazione dei neutrini nel laboratorio nelle viscere del Monte Bianco - che quando il gruppo di fisici del Cern ideò una rete di collegamento innovativa che taluno intendeva brevettare, il loro coordinatore, il Premio Nobel Carlo Rubbia, ammonì che nessuno avrebbe potuto assumere la proprietà esclusiva del risultato della loro attività che, a norma di Statuto, è rivolta a beneficio dell’intera umanità. Così nacque il Web.

E a questo modello ritengo che si debba tendere.

Un modello che viene da molto lontano e al quale sono intimamente affezionato perché riconducibile alla formazione crociana cui mi ha avviato mio Padre e schmittiana che mi ha insegnato il mio Maestro.

L’Accademia antica non rilasciava titoli o gradi: era esclusivamente intesa per la trasmissione della conoscenza e per l’affinamento del sapere. Didattica e ricerca, quindi.

La didattica, pur sempre indispensabile, è diventata via via alla portata di molte istituzioni, anche lontane dall’idea antica di accademica platonica.

La ricerca della conoscenza sempre più raffinata, invece, sono in grado di condurla solo le comunità scientifiche più mature.

La didattica è il trampolino di lancio: oggi conservo la memoria di ieri;

La ricerca è la sfida per la conquista del futuro dell’umanità.

 L’applicazione della ricerca, da un lato, e la professionalizzazione degli studenti, dal lato della didattica – le cosiddette ricadute – sono delle conseguenze ulteriori rispetto all’ideale accademico.

Alle quali bisogna dare risalto, come facciamo noi all’Univda, ma alle quali non bisogna fermarsi.

Nessuno studioso vuole ridurre l’università a lezionificio, ad esamificio, alla formazione di tecnici.

 Ad ogni istituzione il suo compito: alle imprese, agli studi professionali, al mercato del lavoro il compito di professionalizzare. Tale formazione sarà più veloce e meno dispendiosa – quindi più efficiente - tanto più solidi saranno i fondamentali che l’università ha consegnato ai suoi laureati: il Metodo scientifico e l’Indagine filosofica.

Mi concedo una divagazione da costituzionalista: le istituzioni di alta cultura, le università e le accademie sono previste dall’art. 33 della Costituzione che è inserito nel titolo II della parte I, dedicato alla disciplina dei rapporti etico-sociali (quando gli altri titoli sono relativi ai rapporti civili, a quelli economici e a quelli politici). Le altre istituzioni sono la famiglia e la salute.

Si tratta pertanto della parte della Costituzione che dà consistenza al principio fondamentale contenuto nell’art. 2 che recita, appunto, “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.

E’ quindi la Persona che le Università sono a chiamate a formare, in qualsiasi contesto essa si troverà a misurarsi: in contesti intellettuali o professionali piuttosto che sulla catena di montaggio fordista.

Mi piace ricordare in modo scenico, a tale proposito, la vibrante requisitoria di Al Pacino, nel ruolo del tenente colonnello Slade che gli valse l’Oscar 20 anni fa, a favore del giovane Jeremy Irons studente alla Baird School di Boston nel film “Profumo di donna”.

La formazione universitaria non può essere solo collegata alla categoria dell’utilità, come ha ricordato il Rettore Laforgia del Salento all’inaugurazione di quest’anno.

Lo cito sottoscrivendo a mo’ di manifesto il suo discorso, tanto più valoroso tenuto conto che si tratta di un ingegnere meccanico (che non può certo essere considerato uno studioso slegato dalla realtà considerata la sua esperienza di progettista alla Ferrari):

… si pone il rischio di una formazione sbilanciata verso un apprendimento meramente nozionale che cerchiamo di attualizzare con stage e tirocini e pone il rischio di trasformare l’Università in un luogo in cui non si costruisce ‘Sapere’ ma si assegnano crediti formativi e si dispensano diplomi di laurea …
Questo sistema, che oserei definire il “mercato del credito formativo” ci sta facendo perdere il piacere della conoscenza, il gusto della scoperta; persino il piacere della lettura è compromesso.

… Si sta andando nella direzione di una formazione utilitaristica, penalizzando sensibilmente quei settori del sapere che non sembrano avere una immediata e ben visibile utilità o, come diciamo oggi, spendibilità.

 Mi riferisco ai settori umanistici … eppure, se riflettiamo bene, sono quei settori che contribuiscono maggiormente alla costruzione del futuro cittadino e sono quei settori che forniscono saperi indispensabili per mantenere viva una società democratica.

Nella competizione del mercato globale, le arti e le lettere sembrano essere diventate superflue perché sono venuti meno l’importanza sociale di un pensiero critico rigoroso, il senso del Bello, la capacità di immaginazione, le attività della mete che ci rendono umani. Eppure per diventare cittadini responsabili è necessario saper valutare il presente sulla scorta del passato, saper applicare eticamente i principi economici, sapersi confrontare sulla giustizia sociale, saper costruire la propria identità sulla base di valori fondamentali” .

L’Università deve fornire agli studenti-persone gli strumenti per innovare: flessibilità, apertura mentale, creatività, fantasia, intuizione e logica.

Capacità di pensare, di immaginare e di ideare non vanno certo d’accordo con la spendibilità ‘qui ed ora’ di nozioni appena apprese: la ‘sirena’ rappresentata dall’acquisizione di informazioni di pronto utilizzo non deve ingannare.

Altrimenti rischiamo di formare delle generazioni di laureati addomesticati o addomesticabili, anziché sapienti quindi potenti.

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