29 gennaio 2014

Il Mondo agricolo valdostano secondo #Coldiretti

Giuseppe Balicco
Doppia inter vista sul mondo agricolo a Giuseppe Balicco e Ezio Mossoni, rispettivamente Presidente e Direttore di Coldiretti. Questo testo è già stato pubblicato sul Corriere della Valle d'Aosta.

ll settore agricolo sembrerebbe a livello nazionale patire la crisi meno di altri settori. Ciò non toglie che fare agricoltura in montagna presenta problemi grossi e la crisi non aiuta... 
Mossoni: Dal punto di vista economico complessivo l’agricoltura, che normalmente è già definita come un settore anti-ciclico, cioè soffre quando l’economia va bene e viceversa riesce a resistere quando va male, a livello nazionale regge. Purtroppo a livello locale scontiamo il fatto di essere stati precedentemente in una situazione migliore rispetto al resto del Paese. L’autonomia, la possibilità legislativa da parte della Regione in materia di agricoltura, e le risorse che c’erano ci hanno messo in condizioni migliori rispetto a quanto accadeva al di fuori dei confini regionali. Ora anche noi tra crisi economica, taglio delle risorse siamo in una situazione critica. C’è una forte mancanza di liquidità con mercati molto fermi e che non pagano o comunque sempre più ritardati. Questo aggredisce il settore e inevitabilmente pesa sugli investimenti.

Si parla di un ritorno dei giovani. Anche in Valle? 
Balicco: Se non ci limitiamo a questo ultimissimo periodo direi di sì. Nel medio-termine c’è sempre stato un notevole interesse da parte dei giovani. I corsi per i giovani-agricoltori realizzati dall’Amministrazione regionale sono sempre frequentati  e, per giunta, da un livello sempre più alto di giovani imprenditori che qualche volta impiantano aziende nuove, altre volte ne rilevano alcune in fase di chiusura, ma direi che si tratta di una presenza mediamente buona in Valle d’Aosta

Quali sono i numeri del settore?
Mossoni: C’è stato un costante calo degli addetti. I professionali,  cioè quelli che lavorano esclusivamente nel settore agricolo e sono iscritti alle liste previdenziali  dell’Inps, attualmente sono intorno ai 1400, cioè 1400 piccole imprese. Il settore trainante sia come volume d’affari che come addetti è quello zootecnico. Soprattutto in questo settore c’è stato un calo degli addetti, ma un calo non equivalente delle superfici, questo significa che molte superfici sono state recuperate e che conseguentemente è aumentata la dimensione media aziendale. Ciò significa che andiamo sempre più verso aziende più strutturate. La tipica azienda familiare, con pochi capi,  limitata alla sussistenza tende a sparire. Le aziende che si stanno formando sono dunque più tese al mercato, con un numero di capi e di superfici più alto. Il settore viticolo è un po’ particolare che nella nostra regione gode di una salute migliore anche per il valore aggiunto superiore che si riesce ad avere sul prodotto.

Il giro di affari?
Mossoni: Una cinquantina di milioni. In gran parte zootecnico. La viticoltura pesa per sette e poi numeri più ridotti per ortofrutta, miele e piccoli frutti.

 La Valle sul fronte dei fondi europei si è ben distinta con percentuali di spesa superiori al 70%, ma adesso  si deve individuare politica agricola comune da attuare in Italia. Quali sono le vostre principali preoccupazioni? 
Balicco: Noi abbiamo sollecitato l’Assessorato in merito e abbiamo compreso che anche lui è molto sensibile al tema. L’Italia dovrà dare delle indicazioni valide su tutto il territorio entro giugno. Indicazioni che dovrebbero essere il risultato di una concertazione tra Stato e Regioni. Noi abbiamo invitato l’Assessore per cercare di fare sinergie con altre regioni di montagna in modo da individuare dei percorsi che possano essere alla fine favorevoli. Ci sono aiuti aggiuntivi per le piccole aziende, per quelle di montagna, per i primi ettari, la definizione dell’agricoltore professionale sono tutte condizioni che ben si calano sul nostro territorio e, quindi, sarà importante che le decisioni prese a livello nazionale facciano sì che gli aiuti che arriveranno agli agricoltori valdostani possano essere interessanti…

La difesa del made in Italy è un tassello fondamentale... 
Balicco: Ovviamente.

 
Ezio Mossoni
La Borsa dei prodotti agricoli si inserisce in questa logica. Come è andata la prima edizione?
Mossoni: C’è stata un’ottima adesione da parte degli agricoltori, l’utenza invece è stata un po’ inferiore rispetto alle attese. Alcuni contatti sono stati proficui e già portati a termine. L’iniziativa è senz’altro da ripetere in quanto l’esperienza, maturata con i vari mercatini che annualmente organizziamo, ci insegna che la valutazione non va fatta alla sera, ma nel lungo periodo. All’interno di queste manifestazioni, di queste possibilità di fare rete ci si conosce e spesso i risultati arrivano sempre nel medio-lungo periodo.

Nel messaggio per la Giornata nazionale del Ringraziamento i Vescovi italiani scrivono «Non sempre, nelle famiglie e nelle scuole, c’è stima adeguata per chi sceglie di fare l’imprenditore agricolo». Anche in Valle è così? E se è così che cosa si dovrebbe fare per modificare questa situazione? 
Balicco: Direi che questo vale soprattutto per le grandi aree urbane. E anche in quelle aree si sta riducendo anche grazie alle campagne di valorizzazione dei prodotti, contro gli Ogm. Iniziative che vanno a favore sia del consumatore che dell’agricoltore. Rinsaldano il rapporto tra chi vive in città e chi in campagna. Tanto è vero che abbiamo dei livelli molto alti di iscrizione all’Institut Agricole e pure nelle altre scuole e istituti agricoli a livello nazionale. E’ uno degli indirizzi di studio che in questo momento è più ricercato.

Come giudicate il dialogo con la Giunta regionale?  E con il mondo politico in generale?
Mossoni: Direi che molto buono. C’è la possibilità di un contatto immediato. Noi soprattutto come organizzazioni professionali abbiamo la  possibilità di confrontarci in maniera più diretta. E’ chiaro che sulle problematiche ci muove ognuno nel rispetto dei propri ruoli. Attualmente il problema più grande nel mondo agricolo consiste nel taglio delle risorse per la Regione e a ricaduta sull’entità degli aiuti del settore.

Una raccomandazione, una richiesta, un appello, da fare al mondo politico?
Balicco: Dobbiamo lavorare tutti quanti insieme da una parte per cercare di risolvere il problema delle risorse e mantenere vivo il settore. Però sempre insieme contemporaneamente dobbiamo lavorare per una forte valorizzazione del prodotto. Il nostro prodotto principe, che è la fontina, è sottopagato. Il latte è sottopagato. C’è uno studio recentissimo molto interessante dell’Inea dove si stabiliscono quali sono i costi di produzione del latte dal quale si evince chiaramente che l’agricoltore, l’allevatore oggi ogni litro di latte che produce è in perdita di venti centesimi come minimo. Questo prezzo va a ricaduta su quello della fontina dove in effetti ci sono ancora maggiori costi e quindi noi dobbiamo cercare assolutamente -  come già fatto in altri settore, ad esempio il vino -  di valorizzare il prodotto. Penso ad esempio a dei premi per chi produce con grande qualità. Se gli aiuti saranno sempre meno noi dobbiamo da un lato sburocratizzare e quindi abbassare i costi e dall’altro aumentare il valore aggiunto del prodotto che vendiamo. Questa è l’unico sistema per tenere in piedi il settore, altrimenti è destinato al tracollo.

Spesso si mette la Valle a paragone con il Trentino. C’è qualcosa che vorrebbe rubare a questo modello?
Mossoni: Credo sia giusto dire pur essendo accomunati dal fatto di essere entrambe zone di montagna, dal punto di vista produttivo, sociale ed economico, le differenze sono notevoli. Da loro il settore zootecnico non è così rilevante, mentre da noi lo è tantissimo. Il Trentino gode di una situazione dove le quote sono molto più basse, dove le dimensioni, soprattutto della zona centrale, e mi riferisco alla produzione delle mele, è assolutamente da non mettere in rapporto con la nostra. Di conseguenza hanno delle politiche molto interessanti, anche una rigidità rispetto alle regole da cui dovremmo imparare, ma in sintesi non hanno una situazione così uguale alla nostra. C’è la filosofia della gente di montagna però poi concretamente si parla di produzioni non confrontabili. Mi viene perfino da dire che le nostre mele sono perfino migliori visto il limitato uso di prodotti.

Ma la scelta del zootecnico fatta negli anni ’70 era l’unica possibile? In fondo ha costi più alti?
Mossoni: Dal punto di vista territoriale diventava difficile ipotizzare scenari diversi. Magari qualche vigneto e frutteto in più. Abbiamo delle fotografie degli anni ’50 dove vediamo che sulle coste, nella bassa valle c’è orzo, grano seminati fino ad altezze rilevanti, ma  immaginiamo i costi che oggi avrebbe realizzare simili lavorazioni. Quelle erano situazioni in cui l’agricoltura non era di produzione, ma di sussistenza. Non si faceva caso ai costi.

Il 2014 di Coldiretti Valle d'Aosta e di quella nazionale?
Balicco: La nostra filosofia anche a seguito del cambio della Presidenza nazionale, con un giovanissimo presidente di Settimo, prevede un forte impegno nella tutela del made in Italy, del prodotto locale, la filiera corta per diminuire i costi e aggiungerei la valorizzazione del territorio, della famiglia diretto-coltivatrice con un particolare riguardo in questo momento di crisi a chi si occupa di agricoltura a tempo pieno.

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