30 aprile 2017

Più trasparenza con l’etichetta del #latte (#mossoni 01)

Sul tema dell'etichetttatura dopo il post ufficiale di Coldiretti ospitiamo anche un intervento di Ezio Mossoni, fino a pochi mesi fa direttore di Coldiretti, oggi Delegato confederale di Coldiretti, che dalla scorsa settimana ha iniziato a collaborare con il Corriere della Valle. I suoi interventi saranno anche ospitati sul blog ImpresaVda.

Las corsa settimana è scaduto il termine, i classici 90 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ( 19 gennaio), per l’entrata in vigore della disposizione interministeriale relativa alla indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattiero caseari. L’entrata in vigore della norma, in effetti, non è completa perché il decreto stesso indica in 180 giorni il termine in cui ci si dovrà adeguare per yogurt e formaggi, dovendo provvedere – questa filiera – allo smaltimento del sistema di etichettatura precedente e anche per tenere conto del processo di stagionatura.

Intanto possiamo dire che il latte a lunga conservazione si uniforma, da subito, – a livello di trasparenza – con le procedure che riguardano il latte fresco, ricordiamo, già “etichettato” dal 2005.
L’Italia è tra i maggiori importatori mondiali di latte. Ogni giorno si stima siano circa 24 milioni di litri a varcare le frontiere tra latte, cagliate, semilavorati imbustati o trasformati che erano pronti ad assumere la marca o il nome dell’ultimo trasformatore e che – in mancanza di tracciabilità – diventavano, nell’immaginario del consumatore,  “Made in Italy”. Ora l’indicazione dell’origine – che si applica al latte vaccino, ovicaprino e bufalino e ogni altra origine animale – prevede l’utilizzo, in etichetta, delle diciture “Paese di Mungitura” e “Paese di Confezionamento  e trasformazione”. Gli obblighi relativi potranno essere assolti  indicando il nome del Paese, oppure se il latte proviene da più Paesi, con la dicitura “latte paesi UE” per quelli europei, oppure “ latte paesi non UE”.

Si tratta di un ulteriore processo di trasparenza per i consumatori e di una norma a tutela della produzione nazionale. Non è certo volontà del mondo agricolo bloccare le importazioni – ricordiamo che la produzione nazionale è destinata, in gran parte, alla produzione dei 49 formaggi dop e dei ben 487 formaggi tradizionali, ma eliminare dal mercato le distorsioni provocate da latte estero prodotto a costi, e qualità bassi, che vengono “spacciati” per prodotti dell’allevamento  nazionale.
Naturalmente il latte non è il solo prodotto sottoposto a tale circostanza, dalla legge 204 del 2004 molti passi sono stati fatti – oltre al latte fresco sono tracciati la carne bovina e di pollo, frutta e verdure fresche, uova, miele, passata di pomodoro, pesce, extravergine di oliva, ma restano ancora fuori la carne di maiale e, quindi, tutti i salumi – due prosciutti su tre sono stranieri - la carne di coniglio, quella trasformata, frutta e verdura trasformata compresi i succhi e le marmellate,  tutti i derivati del pomodoro diversi dalla passata, mentre sono in via di itinere i decreti per la pasta – un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero -  e sul riso, prodotto che subisce importazioni da tutto il mondo e che viene, regolarmente, spacciato per nazionale.

Coldiretti, che sull’etichettatura ha fatto una battaglia incessante, sostiene che il processo di  trasparenza è ulteriore elemento a disposizione del consumatore che potrà, più informato, fare le proprie scelte in maniera consapevole valutando la qualità dei prodotti e il rapporto con il giusto prezzo. Gli agricoltori, per contro, vedranno valorizzato il loro prodotto da quelle imprese agroalimentari che intendono puntare sul “Made in Italy”.

Ezio Mossoni


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